Introduzione


Il nostro lavoro riguardante la categoria filosofica della coerenza inizia da alcuni passaggi del libro di Primo Levi “La chiave a stella”, testo che affronta in modo importante il tema del rapporto tra l’uomo ed il suo lavoro. Nell’analisi della suddetta tematica abbiamo fatto riferimento a Karl Marx ed al suo pensiero riguardo l’alienazione e il rapporto tra il lavoratore ed il prodotto del suo lavoro. Proprio grazie all’analisi della produzione marxiana siamo giunti a ragionare sul tema dell’identità, considerando a tale proposito quanto sostenuto da François Jullien nelle pagine di “Essere o vivere. Il pensiero occidentale e il pensiero cinese in venti contrasti”. Durante la lettura di alcuni suoi estratti ci è parso di scorgere un legame indissolubile tra l’identità e la coerenza: il pensiero cinese infatti presuppone di considerare ogni cosa in relazione con la realtà circostante. Alla luce di quanto appreso ci siamo poi chiesti come un progetto, e in un certo senso la sua identità, possa essere definito in relazione all’ambiente in cui si trova, come possa esservi coerenza tra essi. Qui abbiamo trovato l’Architettura Organica ed uno dei suoi massimi esponenti, Frank Lloyd Wright.

Inoltre il modo in cui Tino Faussone, protagonista del romanzo di Levi, guarda e pensa la sua opera ci hanno portato alla mente Il filosofo Immanuel Kant e la sua “Rivoluzione copernicana”.  Infatti l’uomo comprende la realtà, coerentemente con le proprie forme mentali date a priori e con il suo essere umano. Le stesse parole ci hanno posto difronte al problema del modello, e la differente visione di questo concetto tra occidente ed oriente.

Strettamente legato a quanto fin qui esposto è il tema della bellezza, trattato in modo estremamente soggettivo dal protagonista de “La chiave a stella”. Ci è parso dunque opportuno a questo punto analizzare il particolare modo in cui Voltaire ne parla ne Il Dizionario Filosofico e successivamente approfondire il tema della bellezza soggettiva e dei modelli dal punto di vista Dada.

Infine abbiamo provato a pensare come possiamo ritrovare la coerenza in ingegneria, quindi come l’uomo la natura e l’artificiale possano essere un insieme coerente.

La bellezza di un'opera in "La chiave a stella"

"Siamo rimasti d'accordo su quanto di buono abbiamo in comune. Sul vantaggio di potersi misurare, del non dipendere da altri nel misurarsi, dello specchiarsi nella propria opera. Sul piacere del veder crescere la tua creatura, piastra su piastra, bullone dopo bullone, solida, necessaria, simmetrica e adatta allo scopo, e dopo finita la riguardi e pensi che forse vivrà più a lungo di te, e forse servirà a qualcuno che tu non conosci e che non ti conosce. Magari potrai tornare a guardarla da vecchio, e ti sembra bella, e non importa poi tanto se sembra bella solo a te, e puoi dire a te stesso "forse un altro non ci sarebbe riuscito"."

(Primo Levi, La chiave a stella, Einaudi, Torino, 2014, p.51)

"E alla fine c'è il progettista farfalla, e io credo proprio che i progettisti di quel ponte fossero di questo tipo qui: e é il più pericoloso, perché sono giovani, arditi e te la danno a intendere, se gli parli di soldi e di sicurezza ti guardano come uno sputo e tutto il loro pensiero é per la novità e per la bellezza: senza pensare che quando un'opera è studiata bene, viene bella per conto suo."


                                                         (Primo Levi, La chiave a stella, Einaudi, Torino, 2014, p.118-119)

Da queste parole di Primo Levi e del personaggio Tino Faussone emerge un modo soggettivo di concepire la bellezza, slegata da canoni oggettivi. Una bellezza coerente non con modelli dati dalla società o dalla tradizione, ma con l'individualità dell'osservatore ("[...] e non importa poi tanto se sembra bella solo a te[...]"). Nel vedere il bello risulta fondamentale l'esperienza di vita dell'osservatore, nel caso de "La chiave a stella", del montatore, che, guardando la propria opera, la trova armoniosa non solamente per le sue qualità tecniche, ma soprattutto per lo stretto legame con essa, tanto stretto da vederla come una creatura che cresce con e grazie a lui.Emerge inoltre un secondo punto: la bellezza di un opera legata al suo progetto. Secondo Faussone se un'opera è ben studiata allora verrà bene in ogni caso. Questo studio non è però esclusivamente teorico, ma strettamente legato alla realtà del territorio. In questa visione ingegneristica della bellezza risulta fondamentale il concetto di funzione: se è ben studiata infatti essa è utile. Appare evidente dalle parole di Faussone sui progettisti farfalla che la ricerca della bellezza di per sé porta solo a risultati negativi (come ne "il ponte"), bensì il suo raggiungimento sarà un risultato laterale della ricerca di efficacia.