"Siamo rimasti d'accordo su quanto di buono abbiamo in comune. Sul vantaggio di potersi misurare, del non dipendere da altri nel misurarsi, dello specchiarsi nella propria opera. Sul piacere del veder crescere la tua creatura, piastra su piastra, bullone dopo bullone, solida, necessaria, simmetrica e adatta allo scopo, e dopo finita la riguardi e pensi che forse vivrà più a lungo di te, e forse servirà a qualcuno che tu non conosci e che non ti conosce. Magari potrai tornare a guardarla da vecchio, e ti sembra bella, e non importa poi tanto se sembra bella solo a te, e puoi dire a te stesso "forse un altro non ci sarebbe riuscito"."
(Primo Levi, La chiave a stella, Einaudi, Torino, 2014, p.51)
"E alla fine c'è il progettista farfalla, e io credo proprio che i progettisti di quel ponte fossero di questo tipo qui: e é il più pericoloso, perché sono giovani, arditi e te la danno a intendere, se gli parli di soldi e di sicurezza ti guardano come uno sputo e tutto il loro pensiero é per la novità e per la bellezza: senza pensare che quando un'opera è studiata bene, viene bella per conto suo."
(Primo Levi, La chiave a stella, Einaudi, Torino, 2014, p.118-119)
Da queste parole di Primo Levi e del personaggio Tino Faussone emerge un modo soggettivo di concepire la bellezza, slegata da canoni oggettivi. Una bellezza coerente non con modelli dati dalla società o dalla tradizione, ma con l'individualità dell'osservatore ("[...] e non importa poi tanto se sembra bella solo a te[...]"). Nel vedere il bello risulta fondamentale l'esperienza di vita dell'osservatore, nel caso de "La chiave a stella", del montatore, che, guardando la propria opera, la trova armoniosa non solamente per le sue qualità tecniche, ma soprattutto per lo stretto legame con essa, tanto stretto da vederla come una creatura che cresce con e grazie a lui.Emerge inoltre un secondo punto: la bellezza di un opera legata al suo progetto. Secondo Faussone se un'opera è ben studiata allora verrà bene in ogni caso. Questo studio non è però esclusivamente teorico, ma strettamente legato alla realtà del territorio. In questa visione ingegneristica della bellezza risulta fondamentale il concetto di funzione: se è ben studiata infatti essa è utile. Appare evidente dalle parole di Faussone sui progettisti farfalla che la ricerca della bellezza di per sé porta solo a risultati negativi (come ne "il ponte"), bensì il suo raggiungimento sarà un risultato laterale della ricerca di efficacia.
"E alla fine c'è il progettista farfalla, e io credo proprio che i progettisti di quel ponte fossero di questo tipo qui: e é il più pericoloso, perché sono giovani, arditi e te la danno a intendere, se gli parli di soldi e di sicurezza ti guardano come uno sputo e tutto il loro pensiero é per la novità e per la bellezza: senza pensare che quando un'opera è studiata bene, viene bella per conto suo."
(Primo Levi, La chiave a stella, Einaudi, Torino, 2014, p.118-119)
Da queste parole di Primo Levi e del personaggio Tino Faussone emerge un modo soggettivo di concepire la bellezza, slegata da canoni oggettivi. Una bellezza coerente non con modelli dati dalla società o dalla tradizione, ma con l'individualità dell'osservatore ("[...] e non importa poi tanto se sembra bella solo a te[...]"). Nel vedere il bello risulta fondamentale l'esperienza di vita dell'osservatore, nel caso de "La chiave a stella", del montatore, che, guardando la propria opera, la trova armoniosa non solamente per le sue qualità tecniche, ma soprattutto per lo stretto legame con essa, tanto stretto da vederla come una creatura che cresce con e grazie a lui.Emerge inoltre un secondo punto: la bellezza di un opera legata al suo progetto. Secondo Faussone se un'opera è ben studiata allora verrà bene in ogni caso. Questo studio non è però esclusivamente teorico, ma strettamente legato alla realtà del territorio. In questa visione ingegneristica della bellezza risulta fondamentale il concetto di funzione: se è ben studiata infatti essa è utile. Appare evidente dalle parole di Faussone sui progettisti farfalla che la ricerca della bellezza di per sé porta solo a risultati negativi (come ne "il ponte"), bensì il suo raggiungimento sarà un risultato laterale della ricerca di efficacia.
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